Da sempre, in qualsiasi religione, in qualsiasi luogo della terra, in questo periodo si concentrano diverse ricorrenze celebrative che si riferiscono alla Festa della Luce e al Dio Sole.
Già nel 3000 a.C., in Mesopotamia, i Babilonesi celebravano il Dio Sole Shamash, detto Utu in lingua sumerica.
Come in tutte le religioni, con il passare del tempo le divinità cambiarono il nome ma non la sostanza. Così, in seguito, il culto di Shamash fu sostituito con quello di Isthar, la “Signora della Luce risplendente” rappresentata, come la Vergine Maria nell’iconografia cristiana, con un’aureola di dodici stelle (i 12 segni Zodiacali o le 12 case del sole) e, come la Dea Iside in Egitto, con in braccio il suo figlio unico Tammuz, in questa veste di neonato detto anche Yule, considerandolo la reincarnazione del Sole, nato proprio il giorno del Solstizio d’inverno. Il culto di Tammuz/Yule fu talmente diffuso e persistente che la stessa Bibbia ci narra come il profeta Ezechiele, ancora nel VI secolo a.C., condannava le donne di Gerusalemme perché piangevano la morte di Tammuz (Ezechiele 8,14), morto e poi risorto, ed esecrava gli uomini di Gerusalemme che, dando le spalle al Tempio di Yahve e rivolti a oriente, s’inchinavano riverenti al Sole nascente (Ezechiele 8,16).
In Egitto, a Heliopolis (la Città del Sole) nel periodo del Solstizio d’inverno si celebrava la nascita di Ra, figlio del Sole e Sole egli stesso; in seguito assumerà svariati nomi, Aton, Osiride, Horus e Serapide. Per gli antichi egiziani il culto del Sole era così importante da dedicargli una città (Heliopolis) e i suoi Sacerdoti erano i più potenti della storia antica, in grado di influenzare, prima la religione romana, poi l’ebraismo e il cristianesimo.
Anche il mito di Mitra ha origini dal culto solare. Nato intorno al 1400 a.C. tra gli Ittiti dell’Asia Minore, in quella terra chiamata Anatolia il cui nome significava “sorgere del sole”, giunse fino a Roma e, nei primi secoli successivi all’avvento di Cristo, il Mitraismo è considerato la religione rivale del Cristianesimo. Mitra, nella tradizione, nasce come Ra nel giorno del Solstizio d’inverno ed è figlio del Sole e Sole egli stesso, alla sua morte tornerà al padre sul Carro Solare.
Nell’antica Roma, durante i Saturnalia, il Solstizio d’inverno era celebrato come il Dies Solis Invictus, la festa del Sole Invitto, tradizione importata dalla città siriana di Emesa: le celebrazioni prevedevano anche banchetti luculliani ai quali era concessa eccezionalmente la partecipazione degli schiavi che, solo in quell’occasione, erano equiparati a uomini liberi.
Persino nella tradizione celtica possiamo trovare una forte influenza di più remoti culti solari che s’incrociavano con culture diverse. I popoli celtici celebravano il Solstizio d’inverno chiamando la ricorrenza Yule, guarda caso come il figlio unigenito di Isthar.
A testimonianza della persistenza di retaggi arcaici ancora oggi conserviamo a scopi propiziatori la consuetudine natalizia di addobbare le nostre case con rami di vischio, e proprio gli antichi Sacerdoti Druidi consideravano sacra la pianta del vischio come simbolo di luce.
Il vischio ci richiama alla memoria anche la leggenda norrena che racconta del figlio di Odino e di Frigga, Balder, il Bello come il Sole, divinità invincibile degli Aesir che muore solo per essere stato trafitto da una freccia fatta con legno di vischio, scagliata dal cieco Hoder, inconsapevolmente guidato dalla mano del malvagio fratello Loke.
La madre Frigga lo pianse per 40 giorni e le sue lacrime si trasformarono in bacche di vischio, cosicché Balder ritornò dal regno delle tenebre per risorgere a nuova vita.
Rimaniamo sempre nell’ambito dell’allegoria della morte e rinascita, del tempo ciclico e dell’eterno ritorno della Luce trionfante.
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